Delfo “fusion” va al rullo.

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Approfittando di un turno di pranzo di riposo infrasettimanale della trattoria, Ermes, il fido cameriere di Delfo, riesce ad aprire una piccola breccia nel tradizionale scetticismo del suo titolare e lo convince ad andare a curiosare in uno dei tanti ristoranti giapponesi aperti di recente, che adottano la formula dell’”All can you eat” a prezzi contenuti. Arrivano. Entrano.

Bè cos’è quel zavaglio che gira? Eh ban ban, cosa gli scoppia la balla a loro qui? Mi vien la nausea solo a stargli dietro con la testa. Sembra di essere all’aeroporto quando arrivano le valigie, ho la cervicale anche allo stomaco. E chissà da quant’è che son lì quei piattini, minimo una settimana. Ma dove mi hai portato, Ermes? Non è che pigliamo il vaiolo? E induv’ien le posate? Se sapevo così me le portavo da casa.

“Oll chen iu it”… Xa vul dir? C’a poss magnèr qual c’am per a mè? Soccia che spreco. Non son mica uno che mangio tanto io. Son mica uno di quei moderni di oggi che mangian l’antipasto. Mè quando m’hai dato il mio primo, il mio secondo magari con un pochettino di contorno, il mio dolce, una frutta, mè san beli appost’.

Cosa dici té, ci sarà un bagno qua dentro? T’à v’drè, non avran neanche l’acqua. Se viene a fare un controllo l’igiene salta fuori un casino… Il titolale non c’è, paltito! San neanche loro a chi notificare l’atto. Li vai poi a pigliar te, che avran la sede legale a Shangai.

Ah però, gli piaccion le fave a loro qui, ne saran passati venti piattini. Non son neanche male, un po’ crude, così a grugno. Eeeh, guarda cosa arriva adesso! Lo piglio io ‘sto carpaccino, così dopo mi cago addosso. Lo devo tocciare in quella brodaglia nera? Fag al tonno al petroli. Oooo vé mò s’è belina quella cinna che ci viene a cavar via i piattini. Ride sempre. Saionala signolina. At pies la mèrda, eh?

Soccia però, se sei avanti te Ermes, ciapp incossa al volo. Io ho trovato del salmoncino, te lo caccio nel culo. Un po’ troppo poco cotto per i miei gusti, però tenero. Cos’è, al sangue? Quel salmone qui lo può venire a mangiare anche Baldazzi il carrozzaio, che c’ha tutti quei problemi coi ponti. Ma si mangia anche il nero ed c’l’afferi que? C’at venga un azidant a te e l’alga.

Io ci sto provando coi bacchetti, ma mi salta via tutto. Signolina me ne porti ben un paio di nuovi, che li tengo chiusi sopra, che mi fan da trampolo. Che poi a pensarci bene, ‘sta roba qui l’abbiamo inventata noi. Quant’ero cinno io “Oll chen iu it” lo facevamo tutte le sere. Potevamo mangiare tutto quello che riuscivamo. Par forza, a’ gn’era gninta. E se provavi a lasciar lì anche solo un fagiolo, prendevi tanti di quegli scopacioni nella nuca che ti venivano gli occhi a mandorla come loro qui. Ecco, a distrarmi m’è caduto il polipetto. Che non me lo faccian pagare.

Cosa dici te Ermes, se lo mettessimo sù anche noi in trattoria un bel rullo? Il carrello dei bolliti elettronico, bel risparmio di fatica alla mì etè! Vacca se è piccante quella roba verde qua và a fèr dal pugnatt.

Adesso però basta. Continuano a passare dei mangiari di tutti i tipi, ma mè nin poss piò! Ne avremo presi 25 a testa di quei piattini qui. Non è che ce li contano? Avrò mangiato 100 pesci. Se fan tutti come noi non so se ci guadagnano.

Oh Ermes, la donnina alla cassa si dev’essere sbagliata, c’ha fatto dieci euro a testa, bisogna che glielo diciamo. Ah costa così? Socmel s’è conveniente, c’era anche la crema fritta… Comunque alla fine mi son trovato bene. Mi sa che ci torno una sera con l’Adelmaide in quel posto qui.

Allivedelci a tutti, saionala, salutto, salutto.

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