La favola di Eurino

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Questa è la storia di una piccola moneta di ottone che si chiamava Eurino.

Eurino era molto triste. Vagava senza meta per la città passando di mano in mano, di borsa in borsa, di salvadanaio in salvadanaio, senza trovare una via d’uscita alla sua infelicità.
Lui sognava un’unica cosa: diventare un desiderio. Non gli importava quale, gliene bastava anche uno banale. Invece, più passavano i giorni e più rimaneva una comunissima moneta. Continuava a essere per tutti una semplice merce di scambio, proprio ciò che non voleva.
Veniva barattato per un giornale, diventava il resto di una camicia, la mancia dopo un piatto di minestra calda; si ritrovava schiacciato contro un moccichino in una tasca o, ancor peggio, rinchiuso in un registratore di cassa insieme a una marea di monetine tintinnanti.
Erano questi i momenti che detestava di più, quando era costretto là dentro, soffocato dai suoi simili. Nessuno di loro infatti lo capiva; nessuno si spiegava perché soffrisse così. E nessuno nemmeno ci provava. D’altronde loro erano stati messi al mondo per quello. Per comprare. Era quella la loro funzione.
Ma Eurino non si accontentava e si disperava. Più si trovava in mezzo a quella moltitudine che non la pensava come lui, più si sentiva solo. Era un incompreso: la faccenda dei soldi che davano la felicità proprio non gli andava giù. Anche perché, ormai ne aveva viste troppe per non averlo capito, erano proprio i più ricchi a essere i più infelici. A loro non bastava mai. Più monete possedevano, più ne desideravano.

“Ma tu che vuoi dalla vita?” gli chiese un giorno una banconota da 100 euro, che lo avvicinò dentro a un portafogli zeppo di soldi. “Che ti manca? Vorresti essere importante e potente come me? È forse invidia la tua?”
Eurino la guardava e non diceva nulla, perché tutti all’interno di quel contenitore per soldi in pelle marrone lo osservavano sospettosi; poi, trovò il coraggio e le rispose: “Io vorrei fare felici le persone senza dover dare nulla in cambio. Vorrei essere utile senza dovermi tramutare in un oggetto da acquistare.”
Nessuno ovviamente capì, tantomeno quella banconota verde che presto se ne andò.

Ma un bel giorno successe qualcosa. Era quasi Natale ed Eurino era finito nella borsetta di una signora dai capelli bianchi e il cappello colorato, che usciva assai di rado, se non per fare la spesa quando il suo frigo era vuoto da far paura.
Fu proprio così che la signora, in una stradina vicino al mercato, incontrò un ragazzetto vestito alla meno peggio che suonava il violino, rideva e cantava.
Anche se sembrava avere null’altro se non un un fagotto di stracci e un cappello appoggiato al marciapiede, il ragazzetto sorrideva in continuazione, cantava canzoni irlandesi e suonava sereno il suo violino, mentre la gente sotto la neve passeggiava senza curarsene troppo.
La signora allora, prima ancora di darlo al macellaio o al fruttivendolo, estrasse Eurino dalla borsetta e lo gettò nel cappello del giovane.
Il ragazzo sorridente afferrò Eurino e poi cominciò a correre col suo violino sotto braccio, il cappello in testa e il fagotto in spalla.
Corse tantissimo, finché, ormai senza fiato e quasi congelato, si ritrovò davanti a un piccolo pozzo situato nel centro di una piazza.
Solo allora si fermò, emise un lungo sospiro, chiuse gli occhi e lanciò Eurino dentro a quel pozzo dei desideri.
Eurino, confuso tra i fiocchi che cadevano dal cielo, fece un balzo che pareva eterno, di cinque metri, dieci, forse di più, ma non appena si ritrovò nell’acqua, capì tutto al volo. Era giunto a destinazione.
Era la moneta più felice del mondo, in mezzo a tante altre monetine di ottone, di rame e di nichel felici come lui e fu allora che si rese conto di non essere più solo. Qualcuno aveva esaudito il suo desiderio.
Così, decise di aiutare quel qualcuno a esaudire i suoi. Da là sotto finalmente poteva.
Li esaudì tutti e anche di più e così quel ragazzo diventò ricco come nessun altro al mondo.
Ma non smise mai di ballare e cantare e suonare il suo violino.
E soprattutto non smise mai di sorridere.

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